I danni causati dal maltempo in questi giorni hanno riproposto i soliti lamenti da parte di chi spesso non sa nemmeno cosa significa vivere in montagna o, peggio ancora, non si rende conto che la natura ha i suoi cicli storici, con tutti i suoi risvolti, anche quelli più drammatici.
Come Confartigianato Imprese Rieti, da tempo stiamo tentando di rimettere al centro del dibattito politico-istituzionale i temi del vivere e del fare impresa in montagna, tenendo conto del fatto che il territorio della nostra provincia è considerato montano per il 70% della sua estensione.
L’eterna piaga dell’incuria
Non possiamo continuare ad affidare il nostro destino al buon Dio, sperando che ci protegga dalle frane e dalle alluvioni. Il viadotto dell’Autostrada A6 Torino-Savona, con quel vuoto spettrale lasciato dalla caduta di un pilone causata da una frana, ci ha riportato indietro di quindici mesi, quando a una cinquantina di chilometri di distanza crollò il ponte Morandi.
Ancora una volta i più hanno pensato “fortunatamente non è toccato a noi!”. La Torino-Savona è lontana… Le indagini chiariranno se anche stavolta l’incuria dell’uomo c’entri qualcosa.
Il tema, comune a tanti territori, è quello di capire quanti altri ponti, strade e viadotti, vetusti e consumati dal tempo, possano essere un pericolo reale per la popolazione. La necessità è quella, quindi, un monitoraggio capillare.
Un problema molto serio, aggravato in questi ultimi decenni da scelte compiute dagli uomini capaci di occupare ogni metro di terreno fino a consumare (dato ISPRA) il 22,8% di spazio utile. La cattiva gestione dei territori montani e boscosi (dove un tempo le acque scendevano con minor impeto, vista la cura che veniva riservata alle opere di manutenzione di strade, scoline, alvei, argini ecc) causa danni irreparabili. Altro che condizioni meteo… Oggi appena si apre un rigagnolo di strada, in pochi minuti diventa torrentello, per diventare poi fiume. Ogni anno siamo a contare i danni. Gli interventi di emergenza diventano una costante. Così come il “dopo”, quando si contano i danni, i feriti, i morti. Dopo ogni calamità, più o meno naturale, si riparla di prevenzione. Intanto spendiamo due miliardi l’anno secondo il Consorzio del Politecnico di Milano, per gli interventi di emergenza. L’Italia, complessivamente, ha pagato, dal 1944 al 2012, 242,5 miliardi di euro per i danni provocati da terremoti, frane e alluvioni.
Non è nemmeno un problema di soldi
Quello che fa più rabbia è che non si tratta neppure di soldi. Lo Stato, i Ministeri, le Regioni, sembrano non sapere come spenderli. Ci sono ancora MILIARDI del Fondo Italia Sicura. Mancano i progetti, la voglia di fare sul serio, la volontà di decidere. Tante discussioni intorno a provvedimenti che potevano essere assunti e sono rimasti tali. Triste osservare la paralisi di un Paese che continua a scambiare per emergenza il dissesto idrogeologico. Finanziamenti destinati a interventi specifici, 400 milioni per il fiume Sarno (fece 160 morti) e nel fine settimana è di nuovo uscito dagli argini. Anche la Corte dei Conti sta ponendo attenzione al fatto che tra il 2016 e il 2018 sui 75 milioni stanziali, le somme trasferite alle Regioni ammonterebbero solamente al 26,58%. Perché? Siccome fare un progetto per un’opera pubblica è complesso, non se ne fanno. E chi lo realizza viene pagato in ritardo. Un’analisi impietosa quella di Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera del 25/11/2019, che però descrive puntualmente la situazione del Paese: “Fondi dissesto, speso solo il 10%”.
Lavoro, occupazione, fare impresa in montagna
Confartigianato Imprese Rieti da tempo ha individuato nella manutenzione del territorio una priorità assoluta. Conserva un patrimonio naturalistico inestimabile, crea occupazione e fa risparmiare.
Bisogna cambiare marcia. Il nostro territorio soffre da anni di un costante declino economico, demografico e politico, legato alla quasi totale scomparsa dell’agricoltura, dell’artigianato e dei mestieri legati alla montagna. Per decenni abbiamo creduto che le industrie che affluivano nell’area industriale Rieti-Cittaducale potessero sostituire una microeconomia diffusa, che comunque manteneva vivo il territorio. Oggi sono in gran parte chiuse o in forte declino. Il turismo rappresenta una fonte di reddito solo per alcune aree, è geograficamente e stagionalmente squilibrato, in alcune zone inesistente.
A soffrire sono soprattutto i piccoli comuni, nei quali l’invecchiamento della popolazione porta a una perdita costante dell’offerta dei servizi di base che, a sua volta, scoraggia i giovani dal rimanere nei paesi.
Il territorio montano e di collina soffre un grave complesso di sfruttamento da parte della città: risorse come acqua, legname, territorio, tranquillità, vengono utilizzate per soddisfare i bisogni di una metropoli come Roma. Al territorio non viene riconosciuto il giusto prezzo per i servizi ecosistemici. Al contrario, diminuisce l’offerta di servizi per la popolazione residente.
Rimettere al centro dell’attenzione la manutenzione del territorio (foreste e aree protette) va a beneficio della società intera, ma il costo non può ricadere sulla montagna e sui pochi che sono rimasti a popolarla. Come Confartigianato intendiamo riproporre la montagna non come una “periferia politica”, ma come un territorio strategico per lo sviluppo. Incentivare le nuove forme di insediamento produttivo su piccola scala, sia attraverso strumenti fiscali, sia attraverso investimenti infrastrutturali e di marketing territoriale. Vanno sfruttate le potenzialità del nuovo regolamento europeo sulla qualità dei prodotti, il quale prevede la tutela del “prodotto di montagna”. Valorizzare un turismo diffuso legato alle vere risorse naturali e culturali della montagna (cicloturismo, trekking, centri benessere) puntando a un’apertura degli esercizi turistici legati non solo allo sci di massa.
Sarebbe già questo un buon inizio.
Maurizio Aluffi – Direttore di Confartigianato Imprese Rieti